fotosensibilità e lupus eritematoso

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  1. alfonso1953
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    fotosensibilità e lupus eritematoso L'importanza del sole per la vita sulla terra e' indiscutibile ed era gia' evidente ai popoli pagani e agli antichi egizi che avevano fatto di questo astro una divinita'. A distanza di secoli anche per noi il sole significa impulso vitale, energia, voglia di vivere, e tutti i giorni i media ci propongono lo stereotipo di una "bella abbronzatura" e ci martellano di prodotti specifici. Tuttavia a molti di voi (se non a tutti) e' stato certamente consigliato di evitare l'esposizione al sole: questo perche' il lupus eritematoso e' una malattia che noi definiamo "fotosensibile". Le malattie "fotosensibili" sono un gruppo di affezioni dermatologiche le cui manifestazioni possono essere causate, mantenute o aggravate dall'esposizione alla luce solare: nel caso del lupus eritematoso sistemico (LES) l'esposizione al sole puo' addirittura indurne o aggravarne anche le manifestazioni sistemiche (febbre, malessere generale, artrite). Questo tuttavia non significa dover vivere al buio: certamente una migliore conoscenza del problema potra' aiutarvi a gestire meglio il vostro rapporto col sole. Per prima cosa quantifichiamo il problema: la fotosensibilita' non interessa tutti i pazienti affetti da LES ma solo una parte, dal 20% al 60% secondo diversi studi, ed e' possibile che lo stesso paziente non sia sempre ugualmente a rischio di fotosensibilita'. Purtroppo non abbiamo a disposizione degli indici precisi che ci permettano di individuare quali pazienti sono fotosensibili e quali invece non lo sono. Orientativamente il rischio di fotosensibilita' e' maggiore nei pazienti con malattia "attiva", in quelli che hanno o hanno avuto manifestazioni cutanee o precedenti episodi di fotosensibilita'. Non sottovalutiamo poi il fatto che anche alcuni dei farmaci comunemente usati per curare il LES possono a loro volta causare reazioni di fotosensibilita'. Ma come puo' la luce causare reazioni di fotosensibilita'? Dobbiamo immaginare che la materia e' per cosi' dire immersa nella luce, bombardata continuamente da radiazioni elettromagnetiche, visibili o invisibili ai nostri occhi, provenienti dal sole o dalle stelle. Alcuni tipi di luce, o piu' correttamente di radiazione elettromagnetica, sono in grado di interagire con la materia rendendo possibili alcune particolari reazioni chimiche che definiamo "reazioni fotochimiche" che portano alla formazione di particolari composti chimici reattivi in grado di innescare delle reazioni biologiche importanti. Ma non tutta la radiazione luminosa puo' causare queste reazioni: per un paziente con LES e' pertanto fondamentale individuare se esiste un tipo particolare di luce responsabile della fotosensibilita'. Pensiamo ad un arcobaleno: lo abbiamo certamente visto tutti. Con grande stupore, da bambini ci siamo chiesti quale mistero si celasse dietro questa meravigliosa striscia di colori che compare al termine di un temporale, quando le nuvole si spostano per lasciar spazio a qualche raggio di sole. Lo stesso mistero ha affascinato per secoli anche gli scienziati e gli studiosi della natura ed e' solo da poche centinaia di anni che le leggi della fisica hanno permesso di darne una spiegazione. Quella che noi percepiamo come luce bianca e' in realta' costituita da una mescolanza di colori diversi e le goccioline di acqua non fanno altro che separarli: questo fenomeno viene chiamato "diffrazione" della luce. Avrete notato come il colore piu' alto che compare nell'arcobaleno sia il rosso e il piu' basso il viola; in mezzo, nell'ordine, arancione, giallo, verde, azzurro e blu. Questo e' quantomeno quello che il nostro occhio e' in grado di percepire. Con opportuni strumenti possiamo infatti dimostrare che c'e' dell'altra "luce" sopra il rosso (raggi infrarossi) e anche sotto il viola (raggi ultravioletti), anche se noi non li vediamo. Non solo: se potessimo vederli ci accorgeremmo che anche nella banda degli ultravioletti ci sono delle sfumature di colore diverse che con i nostri strumenti possiamo quindi suddividere in UVA, UVB e UVC (questi ultimi pero' non riescono a raggiungere la superficie terrestre perche' vengono "filtrati" dallo strato di ozono presente nella fascia piu' alta dell'atmosfera). Esponendo piccoli quadratini di pelle a vari tipi di luce prodotti in laboratorio con apposite apparecchiature (fototest), e' stato possibile dimostrare che effettivamente non tutta la luce solare e' in grado di indurre reazioni di fotosensibilita' nei pazienti con LES, ma solo la frazione degli ultravioletti (soprattutto UVB ma anche UVA) ed e' da questi quindi che dobbiamo imparare a proteggerci. A questo punto potrebbe venirvi spontanea la domanda: "ma se con un fototest e' possibile verificare se un paziente ha una malattia fotosensibile, perche' questo non viene fatto a tutti i pazienti con LES?". I motivi sono diversi. Primo: il fototest non e' sufficientemente preciso e potrebbe non identificare alcuni dei soggetti fotosensibili. Secondo: in alcuni casi le lesioni cutanee indotte dal fototest potrebbero lasciare degli esiti permanenti sulla pelle per cui non ne e' proponibile la somministrazione su larga scala. Terzo: lo stato di fotosensibilita' e' variabile nelle varie fasi della malattia per cui non si potrebbe dare un'indicazione definitiva. Quarto: la terapia viene spesso modificata nel corso della malattia con la possibilita' di una successiva somministrazione di farmaci a possibile azione fotosensibilizzante. Prevenire una possibile reazione da fotosensibilita' implica la conoscenza di alcune cose fondamentali su "come, dove e quando" si trovano gli UV. L'intensita' dell'irradiazione UV nell'ambiente dipende da alcuni parametri:
    la latitudine: quanto piu' ci si allontana dall'equatore e tanto minore sara' la quantita' di UV presenti nella luce solare; * la stagione: il massimo irraggiamento UV alle nostre latitudini si ha durante il mese di luglio; * l'ora: il picco di irraggiamento si ha tra le ore 11 e le 15; * l'altezza sul livello del mare: l'aria assorbe infatti una parte degli UV per cui piu' in alto si va e piu' si assottiglia lo strato "filtrante" col risultato di una maggiore quantita' di ultravioletti (possiamo dire che la quantita' di UV aumenta di circa il 4% ogni 300 metri di quota); * l'entita' dello strato di ozono, dotato di notevole capacita' filtrante, e della cui riduzione purtroppo si parla molto spesso; * la presenza di nuvole: filtrano anch'esse gli UV anche se molto meno di quello che saremmo portati a credere (orientativamente un cielo coperto trattiene poco meno del 30% della quantita' normale di ultravioletti); * la presenza di superfici riflettenti: una parte considerevole di UV puo' essere riflessa dagli oggetti che ci circondano venendo cosi' a sommarsi a quelli provenienti direttamente dal sole. La neve, ad esempio, ne riflette l'85%, l'intonaco bianco delle abitazioni o il cemento circa il 45%, la sabbia il 25%, l'acqua del mare poco piu' del 5% (ma attenzione! stando in acqua lo strato corneo della pelle, quello strato cioe' formato da cellule morte e che ha una fondamentale funzione protettiva, perde una buona parte della sua efficacia schermante); * la presenza di sorgenti artificiali di UV, la maggior parte delle quali presenti in ambiente lavorativo (saldatori, fotocopiatrici, proiettori luminosi, impianti di illuminazione di studi televisivi). Preso atto di questi dati possiamo certamente elaborare diverse strategie difensive: * modificare le nostre abitudini o i nostri comportamenti abituali: per esempio uscire a far la spesa al mattino presto piuttosto che in tarda mattinata, andare in ferie in settembre piuttosto che in luglio, non in alta montagna e possibilmente verso nord piuttosto che verso sud * modificare per quello che e' possibile l'ambiente circostante: ad esempio mettere una bella tettoia in giardino, un ombrellone in spiaggia (non dimenticando pero' le superfici riflettenti di cui sopra), una tendina in ufficio, i vetri scuri in automobile (puo' bastare applicare sui vetri laterali una pellicola di plastica trasparente che da sola blocca una buona parte degli UV); * indossare vestiti adeguati: preferire il cotone o la lana ai tessuti sintetici, a colori piuttosto che bianchi, a trama fitta possibilmente; riscoprire il fascino del cappellino, magari a falda larga e - perche' no? - dei guanti bianchi e dell'ombrellino della nonna; * protezione solare adeguata (di cui diremo meglio piu' avanti); * l'uso di autoabbronzanti: ovviamente non di quelli che richiedono una successiva esposizione al sole! Vanno bene invece quelli a base di diidrossiacetone: il loro uso conferisce alla pelle una colorazione piu' scura (per quanto leggermente tendente all'arancione e qualche volta non perfettamente omogenea) che e' comunque ritenuta piu' gradevole di un candido pallore (opinabile, comunque, che una pelle bianca non sia di per se bella), e che probabilemente conferisce un certo grado di protezione contro gli ultravioletti (sopratutto quelli a maggior lunghezza d'onda che sono comunque i piu' difficili da bloccare); * l'assunzione di farmaci ad azione protettiva: l'idrossiclorochina ha un effetto protettivo nei confronti del comune eritema solare e quando possibile conviene usarla durante il periodo estivo, anche se non tutti sono concordi sulla reale efficacia nelle manifestazioni di fotosensibilita' in corso di LES. Il beta-carotene e gli anti-ossidanti di cui tanto si sente parlare non hanno invece alcuna importanza riconosciuta nella protezione dei pazienti fotosensibili. Veniamo adesso ad un ultimo aspetto, fondamentale, quello della protezione solare: si tratta di prodotti ad uso esterno (creme, latti, gel) che applicati sulla cute la proteggono dai raggi UV. Contengono sostanze chimiche diverse in grado di assorbire i raggi ultravioletti dissipandone lĠenergia in maniera innoqua per la pelle (filtri chimici) o in grado di rifletterli o disperderli indietro all'ambiente circostante (schermi fisici). Ognuna di queste sostanze ha delle sue particolari caratteristiche di assorbimento o di riflessione per cui dalla loro combinazione si ottengono prodotti a maggiore efficacia protettiva. Quali caratteristiche deve avere un prodotto per la protezione solare nel caso di un paziente affetto da LES? La cosa piu' importante e' la capacita' di bloccare tutti gli ultravioletti, sia gli UVA che gli UVB: purtroppo il "fattore di protezione" comunemente indicato sulle confezioni si riferisce solo alla capacita' di proteggere dagli UVB (che sono quelli maggiormente in grado di causare scottature solari) e non tiene affatto in considerazione gli UVA (che pero' sono anch'essi potenzialmente causa di fotosensibilita'). Alcuni prodotti piu' moderni, invece, recano oltre al classico "fattore di protezione" anche un'indice di protezione dagli UVA. Tuttavia non esiste ancora una metodica standardizzata per la determinazione di un "fattore di protezione per gli UVA" per cui non e' corretto comparare prodotti di marche diverse sulla base del semplice confronto dei numeri. diventa allora difficile scegliere un prodotto che possa garantire un'adeguata protezione tanto dagli UVB quanto dagli UVA. Il consiglio piu' appropriato e' allora quello di verificarne direttamente la composizione considerando che i composti piu' efficaci nell'assorbire gli UVA sono i derivati del dibenzoil-metano (registrati con i nomi di parasol, eusolex, mexoril) la cui presenza e' secondo noi un requisito indispensabile in un prodotto per pazienti fotosensibili. Un'ultima indicazione importante e' la "capacita' di restare sulla pelle" (sostantivita') perche' anche il piu' completo schermo solare vale poco se poi col sudore o con l'acqua viene facilmente rimosso. Per questo e' opportuno verificare anche che sia specificata la capacita' di resistere all'acqua: i prodotti waterproof sono da preferire a quelli water-resistant per la loro maggiore sostantivita'. Ricordiamo infine che i prodotti per la protezione solare vanno riapplicati spesso: cautelativamente potrei suggerire di riapplicarli anche ogni ora in caso di permanenza all'aperto. La corretta utilizzazione di questi dati potra' certamente permettere anche ai pazienti fotosensibili di ritagliarsi un loro ambito di "liberta'" anche a fronte della nostra fatidica raccomandazione "eviti l'esposizione al sole". tratto da clicca qua


    Edited by patroclotest - 11/10/2010, 18:22
     
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7 replies since 27/6/2004, 19:28   4747 views
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