EUTANASIA ATTIVA E PASSIVA

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  1. alfonso1953
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    L'EUTANASIA ATTIVA E PASSIVA INTRODUZIONE ludovica tiberio. La morte ineluttabile di un malato pone il medico di fronte a quattro possibili scelte: un’assistenza passiva, l’accanimento terapeutico, le cure palliative oppure l’eutanasia. Nella società contemporanea l’assistenza passiva appare ormai superata; è piuttosto un’immagine propria di quel passato dove la famiglia di stampo patriarcale garantiva assistenza e premura e la religione era un’ancora a cui aggrapparsi per sopportare non tanto le sofferenze del corpo quanto quelle di uno spirito morente. Propri del presente sono, invece, i progressi compiuti dalla medicina, sempre più sicura delle sue competenze e restia ad arrendersi persino di fronte ad una morte certa ed inevitabile. E’ la tentazione dell’accanimento terapeutico che spinge alcuni medici ad intraprendere lotte caparbie e disperate, quasi una forma di rifiuto dei propri limiti. D’altro canto la medicina può al giorno d’oggi (constatata l’inutilità delle diverse risorse terapeutiche disponibili) proporre al morente una via di uscita positiva: le cure palliative; quest’ultime promuovono un’assistenza globale delle persone affette da gravi patologie evolutive o incurabili, alleviando il dolore fisico e gli altri sintomi di sconforto, tenendo conto della sofferenza psichica, favorendo per quanto possibile un buon rapporto tra il malato e i suoi familiari, attenuando in definitiva con serenità e presa di coscienza il dramma di una vita che si spegne. L’eutanasia appare come un’altra via di uscita offerta al malato spaventato dalla prospettiva di sofferenze insopportabili o cui ripugna l’idea di assistere impotente al proprio progressivo decadimento.
    Con il termine eutanasia ( pref. eu- e gr. thànatos, morte: “buona morte”) si indica la morte procurata con libero intervento, allo scopo di abbreviare i tormenti dell’agonia o porre fine ad una malattia molto dolorosa di cui si prevede esito fatale o soddisfare esigenze di natura collettiva, quali pene di morte o disposizioni di leggi eugeniche. Può essere attiva o passiva: la prima consiste nel somministrare all’ammalato una sostanza che ne accelera la morte, nella seconda vi è l’omissione di atti medici che potrebbero prolungare la vita al paziente. Nel primo caso è l’agire umano che comporta il decesso del soggetto, nel secondo caso l’evento mortale è legato a condotte omissive. Particolare importanza riveste poi l’esistenza o meno del consenso del malato: si parla di eutanasia consensuale e di eutanasia non consensuale . Si distingue tra eutanasia volontaria, richiesta dal paziente ed eutanasia non volontaria, quando la volontà del paziente non può essere espressa perché si tratta di persona in coma o incapace. Francesco Bacone per la prima volta nell’età moderna pose il problema morale dell’eutanasia: "…il compito del medico non è solo quello di ristabilire la salute, ma anche quello di calmare i dolori e le sofferenze legati alle malattie; e di poter procurare al malato, quando non c’è più speranza, una morte dolce e tranquilla; questa eutanasia è una parte non trascurabile della felicità. Ma nel nostro tempo sembra che i medici ritengano loro dovere abbandonare i malati nel momento della fine; contrariamente alla mia opinione, se essi fossero zelanti nell’adempiere il proprio dovere e di conseguenza rispettassero i propri doveri nonché le esigenze della propria professione, non risparmierebbero nessuna cura per aiutare gli agonizzanti a uscire da questo mondo con maggior dolcezza e facilità. Ora, questa ricerca la qualifichiamo eutanasia esteriore, che distinguiamo da quell’altra che si riferisce alla preparazione dell’anima, e che noi poniamo tra le nostre raccomandazioni". Difficile capire che cosa intendesse Bacone quando parlava del dovere del medico di procurare al malato senza più speranza "una morte dolce e tranquilla", considerando lo stato di avanzamento della farmacopea dell’epoca , si tende a pensare che si trattasse di pozioni soporifere, probabilmente a base di oppio, che facevano lo stesso effetto di un’adeguata dose di morfina, che dell’oppio è un derivato moderno: un sonno profondo e tranquillo, che trapassa la morte senza angoscia e senza dolore. Nella Grecia antica il suicidio riscuoteva un’alta considerazione: si supponeva che ognuno fosse libero di disporre come credesse della propria vita, era socialmente riconosciuto come un modo dignitoso di morire. Platone stesso nella Repubblica scrisse: “Instaurerai nello Stato una disciplina e una legislazione che si limitino a stabilire i compiti per i cittadini sani di corpo e di anima; quanto a coloro che non sono sani di corpo li si lascerà morire”. La religione ebraica e il cristianesimo, invece, condannarono sempre in modo radicale l’omicidio di qualunque genere, basandosi sulla convinzione che solo Dio può disporre della vita e della morte; inoltre, dato che per queste religioni il dolore ha il senso di un riscatto personale, ne deriva che è proibito alleviare e abbreviare le sofferenze. Dalla reazione a queste convinzioni spiritualistiche scaturì l’atteggiamento di Bacone, sopraccennato, e quello di Tommaso Moro, il quale assegnò a preti e magistrati il dovere di spingere alla morte i malati incurabili in ragione delle loro sofferenze e della loro inutilità sociale. Nella “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” che la Francia regalò al mondo nel 1789, e che è diventata la pietra fondante delle società moderne, si definisce la libertà individuale: "la libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri; l’esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Questi limiti possono essere determinati solo dalla legge" (art 4.). Nella Costituzione redatta nel 1793 questi principi non solo vengono ribaditi, ma precisati in modo esemplare. L’articolo 1 recita " Lo scopo della società è la felicità comune. Il governo è istituito per garantire all’uomo il godimento dei suoi diritti naturali e imprescrittibili". E l’articolo 6: " La libertà è il potere che permette all’uomo di compiere tutto ciò che non nuoce ai diritti degli altri; essa ha per principio la natura, per regola la giustizia, per salvaguardia la legge; il suo limite morale è in massima: non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te". Oggi il tema delle libertà fondamentali dell’individuo in relazione a scelte sul suo corpo (o sul suo stato di felicità o benessere) è certamente uno dei più complessi ed impegnativi. Le difficoltà sorgono a causa del venir meno del monolitismo etico, poiché sono messe a paragone ideologie e fedi religiose, modelli culturali disomogenei e sistemi di valori contrapposti. Il carattere pluralista delle moderne organizzazioni giuridiche, quale unica formula in cui si esprime la dignità e libertà dell’individuo, impedisce di ricorrere al diritto come veicolo autoritario per imporre valori assoluti, perché nessuno di questi può avere un primato sull’altro. A questi problemi la legge sino ad oggi ha risposto negativamente: il Congresso Statunitense non ha voluto riconoscere l’eutanasia; la Germania, la Francia e la Gran Bretagna ( ma la Corte Suprema ha riconosciuto a una donna tetraplegica il diritto di farsi staccare dal respiratore) hanno ugualmente respinto simili progetti di legge e anche l’Italia nega simili possibilità. Eccezioni sono i Paesi Bassi che, pur non eliminando dall’ordinamento i reati di eutanasia e suicidio assistito, li depenalizza nei casi in cui siano rispettate alcune condizioni, il Belgio dove dal 28 maggio 2002 l‘eutanasia è stata disciplinata, e lo Stato dell’Oregon dove il suicidio assistito è stato approvato con un referendum nel 1994 e con il successivo “ Oregon Death with Dignity Act“ (ODWDA ) (Legge dell’Oregon sulla morte dignitosa del 1997

    tratta dalla tesi di laurea della dott.ssa Ludovica Tiberio
    note M.B.MAGRO, Eutanasia e diritto penale, Giappichelli editore, 2001, pag.6. ).


    Edited by patroclotest - 29/9/2010, 10:00
     
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