EUTANASIA PRATICATA IN OLANDA

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  1. alfonso1953
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    EUTANASIA LO “STATO DELLE COSE” IN OLANDA Ludovica Tiberio - In Olanda negli ultimi due decenni, l’eutanasia e - in misura sensibilmente inferiore - il suicidio medicalmente assistito (SMA) sono stati ampliamente accettati e apertamente praticati. Fino a tempi recenti, gli olandesi avevano adottato su questo tema una politica di pragmatica tolleranza. Tuttavia, nell’agosto 1999, il Parlamento dei Paesi Bassi ha disciplinato la materia con un’apposita legge. Il nuovo provvedimento, che viene citato come "legge sul controllo di interruzione della vita su richiesta e assistenza al suicidio", è entrato in vigore il primo aprile 2002. Esso introduce cambiamenti importanti nella legislazione del Paese, e prevede clausole di esenzione: i medici che praticano l’eutanasia e il SMA in determinate condizioni non saranno penalmente perseguibili. Il Ministro della giustizia olandese, Benk Korthals, durante la presentazione della legge al Senato, ha dichiarato che il provvedimento non fa altro che formalizzare le linee-guida già adottate precedentemente, aggiungendo che “ è in ogni caso una buona cosa che, ad un certo punto, una pratica comune, diventi legge”. Per avere un’idea esatta dello stato del diritto olandese, è importante osservare che l’accezione data alla parola "eutanasia" nei Paesi Bassi è simile a quella in uso in ambito internazionale . Nei Paesi Bassi "eutanasia" significa interruzione volontaria della vita del paziente, su sua richiesta, da parte di un terzo . In questo senso l’eutanasia era, ed è tuttora, illegale, nei Paesi Bassi, in base all’articolo 293, paragrafo 1, del codice penale olandese che afferma che "chi di proposito mette fine alla vita di un altro su sua esplicita e seria richiesta viene punito con il carcere fino a un massimo di dodici anni o con una pena pecuniaria della categoria 5" (ovvero una multa non eccedente i 45.000 euro). Inoltre, l’articolo 294, paragrafo 2 recita: "chi espressamente assiste un altro nel suicidio o gliene procura i mezzi, viene punito, nel caso che il suicidio si verifichi, con il carcere per un massimo di tre anni o con una pena pecuniaria di categoria 4 (ovvero non eccedente gli 11.250 euro)". L’articolo 294, paragrafo 2 , si applica al SMA. Nel 1994, un’inchiesta nazionale sulle decisioni mediche nella fase terminale della vita, suscitò un dibattito politico che condusse ad alcuni cambiamenti legislativi. Venne aggiunto l’articolo 293, che consta di due paragrafi. Interrompere la vita su richiesta rimane un reato, ma il secondo paragrafo crea un’ eccezione: "il fatto menzionato al primo paragrafo non è punibile qualora sia stato commesso da un medico che, nel caso, soddisfi i criteri di diligenza di cui all’articolo 2 della Legge per il controllo di interruzione della vita su richiesta e assistenza al suicidio e ne dia informazione al medico legale comunale come riportato all’articolo 7, secondo paragrafo, della legge sul trattamento dei cadaveri". Quindi, la nuova legge permette l’eutanasia e l’assistenza al suicidio, prevedendo una clausola di giustificazione specifica destinata ai medici, ed esclusivamente a loro. La loro condotta viene legittimata se obbediscono a determinati criteri e se riferiscono correttamente alle autorità. Pertanto, non è corretto affermare che la nuova legge depenalizzi l’eutanasia e il SMA. Inoltre, secondo la legge, i medici non sono affatto obbligati a praticare questi atti e possono rifiutare ogni volta che vogliono. 1.1 La recente legge sul “controllo di interruzione della vita” La procedura di segnalazione è un aspetto essenziale della nuova legge. Le commissioni regionali non sono più obbligate a riferire al procuratore tutti i casi di eutanasia e di SMA. Quando la commissione ritiene che il medico abbia osservato i criteri di diligenza, il magistrato non ne viene informato. Ciò non implica, peraltro, che la procura non possa fare le sue indagini. Il Pubblico Ministero rimane titolare dell’azione penale. Secondo l’articolo 2, primo paragrafo, della Legge per il controllo di interruzione della vita su richiesta e assistenza al suicidio, un medico che abbia praticato un’eutanasia o un SMA deve convincere la commissione regionale: 1. Di essere certo che si trattasse di una richiesta spontanea e ben ponderata del paziente; 2. Di essere convinto che per il paziente si trattasse di sofferenze insopportabili e senza prospettive di miglioramento; 3. Di aver informato il paziente della situazione in cui si trovava e delle conseguenze che ne sarebbero derivate; 4. Di esser giunto alla decisione, assieme al paziente, che nessun’altra soluzione fosse ragionevole per lo stato in cui si trovava; 5. Di aver chiesto il parere almeno di un altro medico esterno; 6. E, infine, di aver eseguito scrupolosamente dal punto di vista medico l’interruzione della vita o l’assistenza al suicidio. Fino a poco tempo fa, il secondo criterio è stato oggetto di discussione. Cosa s’intende per sofferenze insopportabili e senza prospettive di miglioramento? Nel caso Schooheim , fu deciso che si trattava di una " perdita crescente di dignità personale " e di "prospettiva di una morte non dignitosa". Dieci anni dopo, nel caso Chabot , la Corte suprema esprimeva l’idea che la sofferenza non dovesse essere necessariamente fisica. Inoltre, non era necessario che il paziente si trovasse in stato terminale. Nella nuova legge, come nella vecchia, non esiste la possibilità di un’eutanasia non spontanea. L’esistenza di una richiesta, sia pure non scritta, è essenziale. In altre parole, l’eutanasia è possibile solo fintanto che il soggetto è in grado di esprimere la sua volontà. La richiesta non è considerata spontanea se è stata formulata dietro pressioni o strappata con la forza. Sarà, invece, presa seriamente in considerazione qualora proceda da un solido ragionamento basato sulla corretta elaborazione di tutte le informazioni rilevanti. Per quanto riguarda il quinto criterio, la nuova legge è più restrittiva. Prima del 1 aprile 2002, il secondo medico consultato non aveva l’obbligo di incontrare il paziente. Bastava il semplice scambio di informazioni tra i due medici. La legge per il controllo di interruzione della vita su richiesta e assistenza al suicidio impone invece al medico esterno di visitare il paziente. I primi due criteri di diligenza sono fondamentali rispetto agli altri. Il dibattito sul significato dell’espressione "sofferenze insopportabili e senza prospettive di miglioramento" si è più o meno concluso con la recente sentenza della Corte suprema nel caso Brongersma , un ottantaseienne ex senatore che diceva di essere semplicemente "stanco di vivere". In questo caso, i giudici hanno deciso che la sofferenza deve essere causata da una condizione sanitaria. Altrimenti, un medico non sarebbe in grado di valutare le prospettive di miglioramento e, quindi, di esprimersi sul carattere irreversibile delle sofferenze. La conclusione è stata che essere "stanchi di vivere" non costituisce una situazione sanitaria. Pertanto, il medico generico che ha praticato il SMA non ha osservato il secondo criterio. Nell’articolo 2, paragrafi terzo e quarto, si stabiliscono regole speciali per i minorenni. Chi ha un’età compresa tra i sedici e i diciassette anni può decidere autonomamente in materia si eutanasia e di SMA, anche se i parenti ( o i tutori ) devono essere consultati. I minorenni di età compresa tra i dodici e i quindici anni devono invece avere il consenso dei genitori, senza il quale il medico non è autorizzato a dar seguito alla loro richiesta. Senza dubbio queste norme speciali per i minorenni sono la parte più controversa della legge. Esse sono il risultato di lunghi dibattiti parlamentari al termine dei quali i deputati hanno respinto una proposta più radicale che autorizzava i minorenni a partire da dodici anni a formulare una richiesta indipendentemente dai desideri dei genitori .
    L’articolo 2, secondo paragrafo, della legge tratta del testamento di vita e delle dichiarazioni anticipate. Dal primo aprile 2002, i medici possono dar seguito ai desideri manifestati in quei due documenti dai pazienti ( sopra i sedici anni), i quali non siano più capaci di intendere e di volere. La Legge per il controllo di interruzione della vita su richiesta e assistenza al suicidio tenta, in conformità alla legislazione in vigore, di accordare tra loro due principi fondamentali: il rispetto per la vita umana e il diritto di autodeterminazione. Inoltre, intende garantire certezza e trasparenza. Attualmente , si ritiene che circa il 40% dei casi di eutanasia e SMA non venga notificato. Il governo olandese si augura che i medici comprendano che dal primo aprile 2002 la legge ha permesso l’eutanasia. L’obiettivo è quello di accrescere la loro disponibilità a segnalare i casi di eutanasia e di SMA. Se ciò avvenisse, il monitoraggio delle due pratiche diventerebbe a sua volta più agevole.
    Quindi alla base dell’intervento del legislatore sta la considerazione che siamo di fronte ad un fenomeno sommerso, prodotto dall’incontrollabile potere dei medici sulla vita dei pazienti, i quali praticano nei fatti l’intervento eutanasico ed evitano di segnalarlo per non incorrere nei rigori della legge o più semplicemente per non dover giustificare il loro intervento. Questa situazione poteva dar luogo a comportamenti arbitrari. “Si tratta senza dubbio di un atteggiamento coraggioso che muove dalla considerazione che la pratica è così diffusa e condivisa a livello sociale che una politica repressiva non può sortire alcun utile e concreto risultato.” Le modalità con le quali si verifica l’intervento del medico non portano a parlare di intervento criminoso, poiché la coercizione morale alla quale è sottoposto chi commette il fatto è tale che egli non è in grado di resistere alla pressione morale che deriva dal rapporto instaurato con il paziente. Abbiamo quindi una strumentalizzazione e conseguente estensione della nozione di "stato di forza maggiore" contenuta nell’articolo 40 c.p. per dare una definizione del concetto di eutanasia (art. 1 e 2 della legge) e costruire un comportamento che non comporta reato tanto che l’azione del procuratore della regina viene fortemente inibita e riservata ai casi manifesti e comprovati di violazione delle procedure di comportamento. 1.2 Prassi giurisprudenziale L’ordinamento olandese va nella direzione di considerare la disponibilità del bene vita come un diritto soggettivo. Dal punto di vista delle tecniche legislative usate si realizza un rapporto dialettico tra il “diritto vivo e l’attività del legislatore” che si assumono il compito di trasfondere tali principi nella legge. Inoltre si gestiscono mediante il diritto amministrativo aspetti e comportamenti tipici del diritto penale. Nel 1994, nel caso Chabot, fu affrontato il problema del suicidio assistito in presenza di sofferenze esclusivamente psichiche, senza alcuna patologia fisica che in qualche modo le condizionasse. Il 28 settembre 1991 una donna di cinquant’anni morì nella sua abitazione alla presenza di un’amica, del medico di famiglia, e di uno psichiatra, il dott. Chabot, poco dopo aver assunto la sostanza che lo stesso psichiatra le aveva procurato. Spinta da una seria di lutti familiari che le avevano causato uno stato di confusione mentale portandola al ricovero nel reparto psichiatrico di un ospedale senza alcun successo, si mise in contatto con l’Associazione per l’eutanasia volontaria dove conobbe il dottor Chabot che compilò un rapporto, poi consegnato all’ufficiale sanitario del Comune, da cui risultava che la paziente soffriva di una " grave forma di depressione senza caratteristiche psicotiche, nel quadro di un complesso processo di lutti ". Il Tribunale di Assen e la Corte di Appello di Leeurwarden prosciolsero l’imputato per aver agito in stato di necessità, ma la Suprema Corte, su impugnazione del procuratore generale presso la Corte d’Appello ritenne che, nel caso, il dott. Chabot avrebbe dovuto ricorrervi perché " il collega…deve anche esaminare se vi sono altre possibilità di aiuto. Se vi sono reali alternative ed il paziente le rifiuta in piena libertà, allora non si può parlare dello stato di necessità ". La Suprema Corte ritenne il medico colpevole per il reato dell’art. 294 c.p. (assistenza al suicidio). Ma rinunciò ad applicare la pena in considerazione della personalità dell’imputato, delle circostanze in cui il fatto era stato commesso, e soprattutto, che la visita del secondo psichiatra era stata introdotta dalla sentenza stessa e non era richiesta al momento del fatto, perciò la sua applicazione avrebbe reso retroattiva la legge penale. Nel 1993 l’impulso giurisprudenziale alla formazione di regole riguardanti questa materia si è nuovamente acceso nel caso del dott. Prins che su espressa richiesta di genitori pose fine alla vita di una bambina di tre giorni, iniettandole una sostanza letale. La neonata era idrocefala, con il cervello scarsamente sviluppato, la schiena aperta, la spina dorsale bifida, i piedi e le gambe deformi, non avrebbe mai potuto stare in piedi ed avrebbe sofferto dolori continui, in uno stato di vita vegetativo, che si sarebbe protratto per un periodo di tempo imprecisato, anche breve. Il medico fece rapporto del suo operato, dichiarando di aver agito in conformità alle regole di correttezza. L’assemblea dei procuratori generali giunse alla conclusione che egli aveva agito accuratamente e che, perciò, non doveva essere perseguito, ma il Ministero della giustizia sollecitò una pronuncia giudiziaria perché la morte era stata inflitta in difetto dell’esplicita e continua richiesta del paziente. Proprio per questa ragione l’accusa fu di omicidio premeditato (art. 289 c.p. ), ma il Tribunale di Alkmaar prosciolse il dott. Prins, ritenendo che avesse agito in caso di necessità, trattandosi di sofferenze senza speranza, insopportabili e non suscettibili di essere alleviate in misura significativa. Altro caso di eutanasia è quello deciso dal Tribunale di Amsterdam il 21 febbraio 2001, il quale ha ritenuto il dott. Van Oijen colpevole di omicidio premeditato su richiesta (art. 293 c.p. ) e di falsa dichiarazione medica (art. 228 c.p. ), avendo dichiarato che la paziente era morta per cause naturali. Non venne inflitta nessuna pena per l’omicidio, tuttavia i giudici lo condannarono ad una pena pecuniaria di 5000 fiorini per la falsa dichiarazione. Il Tribunale è giunto alla conclusione che il medico non avesse agito in stato di necessità poiché, al momento della iniezione letale, la paziente non soffriva di dolori insopportabili né dimostrava di essere cosciente dello stato in cui si trovava. Inoltre, aveva lasciato intendere di non voler morire (diceva di voler dormire). Il dott. Van Oijen presentò appello. Egli sostenne di non aver praticato l’eutanasia, bensì di aver aiutato a morire la paziente, che di fatto stava già morendo. Da questi casi si può capire come da troppo tempo medici e giudici si trovavano abbandonati a se stessi di fronte a situazioni drammatiche per le quali non esistevano norme codificate, mentre il sentimento sociale spingeva inesorabilmente verso la direzione intrapresa. Ecco perché nei Paesi Bassi era necessario un intervento legislativo.
    Ma, chiaramente, l’Olanda non vuole essere considerata il “ paradiso dell’eutanasia” e quindi, come nel caso della legge che autorizza i matrimoni tra omosessuali il provvedimento è applicabile soltanto ai residenti del Paese. Questo è, in sintesi, il contenuto della nuova legislazione approvata dal Parlamento olandese, e rappresenta una chiara conferma del salto di livello in materia.

    note LEENEN H.J.J.,The definition of euthanasia, Medicine and Law, 1984, pp. 333-378.
    Corte Suprema dei Paesi Bassi, HR del 27 novembre 1987, NJ 1985.
    Corte Suprema dei Paesi Bassi, HR del 21 giugno 1994, NJ 1994.
    HR del 24 dicembre 2002, LJN n. AE 8772. Haarlam, 30-10-2000. Inoltre Dir. Pen. XXI secolo, 2002, RICCI ASCOLI, pag. 116.MARTIN A.J.M. BUIJSEN, Eutanasia nei Paesi Bassi. Legislazione Nazionale e diritto internazionale, in Eutanasia a cura di Bernard Ars e Etienne Montero, Edizioni Ares, 2005, p.111G.CIMBALO, Eutanasia, cure palliative e diritto ad una vita dignitosa nella recente legislazione di Danimarca, Olanda e Belgio, in Foro it., 2003, V, p. 32. D.VISENTIN, La legge olandese sull’eutanasia: un esempio da seguire?, Dir. Famiglia, 2002, pag.663.

    tratta dalla tesi di laurea della dott.ssa Ludovica Tiberio


    Edited by patroclotest - 29/9/2010, 10:09
     
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