FRANCESCO GUCCINI

La sua storia e la sua musica

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    Francesco Guccini è nato a Modena il 4 Giugno 1940, ma a causa della guerra ha trascorso la sua infanzia a Pavana sull'Appennino Pistoiese.

    Ha frequentato l'istituto magistrale a Modena e la facoltà di magistero lettere a Bologna città nella quale si è trasferito nel 1960 e dove tuttora abita.

    Ha fatto per due anni il cronista per la Gazzetta di Modena e per vent' anni ha insegnato la lingua italiana all' università americana con sede a Bologna.

    Ha iniziato a scrivere canzoni alla fine degli anni '50, a metà degli anni '60 è uscito il suo primo L.P.



    A parte Auschwitz e L'antisociale, tutte le altre canzoni di Folk beat furono invece firmate da Tony Verona per i testi e dal maestro Mansueto De Ponti (che usava lo pseudonimo di Pontiack) per le musiche, pur essendo tutte scritte da Guccini.
    Circa 500 copie vendute, all'epoca 1967.
    L'uscita di Folk beat gli procurò la sua prima apparizione televisiva: nel corso della puntata del 27 marzo 1967 del programma "Diamoci del tu" (condotto da Giorgio Gaber e Caterina Caselli), la cantante di Sassuolo presentò "Un giovane nuovo cantante che viene dalla mia regione, l'Emilia: Francesco", dopodiché un giovane e sbarbato Guccini venne intervistato dalla Caselli (dicendo, tra le altre cose, di essere l'autore di Auschwitz e Noi non ci saremo), e infine cantò, accompagnandosi con la chitarra acustica, Auschwitz.
    Noi non ci saremo - Brano molto conosciuto, per essere stato l'anno precedente un grosso successo dei Nomadi; la versione di Guccini, acustica, ha il testo completo (i Nomadi avevano accorciato la canzone tagliando alcune strofe per consentirne l'incisione su 45 giri) e racconta la rinascita della vita sulla terra dopo un'esplosione nucleare.
    Auschwitz (canzone del bambino nel vento) - Canzone già conosciuta nella versione dell'Equipe 84 (cantata una strofa a testa da Vandelli e da Sogliani), pubblicata nel 1966 come lato B di "Io ho in mente te" e poi inserita nello stesso anno dell'album con lo stesso titolo.


    Due anni dopo (1970), è il secondo album di Francesco Guccini che sulla copertina del disco continua a figurare semplicemente come "Francesco".

    Lui e lei Una canzone semplice che parla dell'amore di due giovani che riescono a sconfiggere la routine di tutti i giorni che una lunga storia può comportare.



    L'albero ed io Con questa canzone (ispirata ad una poesia di Edgar Lee Masters) Guccini immagina un'ipotetica sepoltura che desidererebbe sotto un grande albero, l'albero è il simbolo della continuità della vita e il pensiero che le sue radici assorbano la salma che vi sta ai piedi sembrano rendergli nuova vita e completa simbiosi con la natura nonché un innalzarsi quasi prepotente verso il cielo e come scrive lo stesso autore "verso quel cielo che chiaman di dio".




    Ophelia Ispirandosi ad una poesia di Arthur Rimbaud dallo stesso titolo, descrive la morte del personaggio shakespeariano (Ophelia, nell'Amleto, si annega dopo essere impazzita). Anche questa canzone era già stata interpretata due anni prima dai Nomadi. Canzone dalle parvenze quasi metafisiche, Ophelia è uno dei capolavori di questo album.



    E poi Primavera di Praga La canzone narra delle rivolte scoppiate a Praga, del giovane Jan Palach che, emulando il gesto del monaco Jan Hus avvenuto 350 anni prima, si diede fuoco sulla piazza vecchia e dalla speranza che questa rivolta portò in quanti in occidente militavano nei partiti comunisti. Giorno d'estate Una giornata tediosa trasformata in una deliziosa poesia, summa della cultura gucciniana non è esente da citazioni ungarettiane e sensismo dannunziano; già incisa due anni prima dai Nomadi.

    Il compleanno, Dpo due anni, La verità, Per quanto è tardi, Vedi cara, L'ubriaco

    Al trist Si tratta di una trasposizione in dialetto modenese degli stereotipi del blues degli schiavi afroamericani (il titolo stesso è una possibile traduzione dell'inglese blue, e significa il triste, ma il vocabolo nei dialetti emiliani ha anche la connotazione di incapace, poco atto allo scopo, di cattiva qualità). Gli stilemi del blues originale vengono ricondotti, quasi mai letteralmente ma in modo sostanzialmente corretto e fedele all'originale, agli elementi della cultura contadina e paesana: la primavera secondo il calendario, anche se fuori piove a dirotto; il non potere uscire a spasso con l'amata anche se è domenica perché non si ha il vestito nuovo (il vestito della festa, importantissimo nella tradizione popolare contadina); il padre dell'amata che chiede al protagonista quando avrà intenzione di sposarla; la madre dell'amata che gli comunica che lei era andata via con un (povero) cane che ha più soldi di lui; e infine il protagonista che cammina da solo lungo la strada completamente bagnato come un pulcino per la pioggia.

    Della canzone esiste una versione, uscita sempre nel 1970, in genovese cantata da Michele.




    L'isola non trovata è il terzo album di Francesco Guccini ed è anche l'ultimo inciso sotto il solo nome di battesimo. È stato pubblicato nel dicembre del 1970.

    Tutte le canzoni sono dello stesso Francesco Guccini: alcune di esse sono tra le più popolari dell'autore, che le riprenderà anche in album successivi in versioni dal vivo.

    Si tratta di un disco molto particolare nel panorama della musica italiana, sia per le sonorità e gli arrangiamenti, sia per le tematiche sottese ai testi, raramente trattate in questo modo in altri album, anche dello stesso autore.

    Si tratta di un disco molto particolare nel panorama della musica italiana, sia per le sonorità e gli arrangiamenti, sia per le tematiche sottese ai testi, raramente trattate in questo modo in altri album, anche dello stesso autore.
    Le musiche che accompagnano i brani sono in qualche caso dolci e suggestive (come in Asia, o nella canzone che dà il titolo all'album, L'isola non trovata) in altri semplici e ritmate (Il frate, Un altro giorno è andato), alle volte malinconiche e intrise di suggestioni blues (Il tema, L'uomo), con l'utilizzo di moltissimi strumenti diversi (basso elettrico, chitarra, sintetizzatore) ma anche effetti sonori come rumori di animali, effetti ideati per la maggior parte da Vince Tempera, arrangiatore per molti dischi di Guccini, che in questo inizia la sua collaborazione con il cantautore e che suona le tastiere; gli altri musicisti del disco sono Ellade Bandini alla batteria, Ares Tavolazzi al basso (entrambi membri, con Tempera, del complesso The Pleasure Machine, Franco Mussida della Premiata Forneria Marconi alle chitarre, Victor Sogliani dell'Equipe 84 ai cori e la già citata Deborah Kooperman alla chitarra acustica.


    Il filo conduttore del disco è il concetto di tempo, come esplicitato ne Il tema: tempo passato dell'infanzia dell'uomo e dell'umanità intera ne La collina (ispirata ad un brano de Il giovane Holden di Jerome David Salinger), che riecheggia i miti dell'età dell'oro perduta "nelle nebbie della storia", ma anche il tempo "sprecato" e consumato da un individuo che ha (forse) gettato via la propria vita (Il frate, un giovane spretato che Guccini aveva conosciuto e a cui dedicò poi questa canzone).
    C'è un elegia del tempo che se ne va e non risparmia nulla e nessuno (Un altro giorno è andato), una Canzone di notte che genera una serie di amare riflessioni sul destino dell'uomo, la sua coscienza, la realtà e il sogno partendo dalla descrizione di una notte passata a "cantare, maledire e [...] versare il vino, [...] pianger, ridere e giocare". C'è con Asia il tentativo di recuperare un tempo mitico e fascinoso, una commistione del passato e del presente del grande continente visto con gli occhi degli antichi esploratori che vi vedevano il luogo della meraviglia e del mistero, mescolando fonti che vanno da Marco Polo (esplicitamente invocato nel testo) ai racconti medievali alle avventure del Prete Gianni.
    L'isola non trovata, che da' il titolo all'album e lo "racchiude" idealmente (la canzone è stata divisa in due parti, una posta all'inizio e una alla fine del volume) allude, in modo non troppo velato, ad un luogo mitico che rappresenta simbolicamente tutto quello a cui l'uomo (durante la sua vita) e l'umanità (nel corso della storia) aspirano e non potranno mai raggiungere: potrebbe essere la pace, la felicità, la verità, il bene, ... Il testo della canzone prende spunto dalla poesia La più bella di Guido Gozzano.







    Radici (1972) è il quarto album di Francesco Guccini, che è autore anche di tutti i testi e di tutte le musiche.

    Mirabile prova del talento letterario di Guccini, l'album si caratterizza anche per una certa cura per la parte musicale, lontanamente influenzato dalle tendenze progressive tipiche del periodo.

    Il discorso di fondo presente nell'album è la ricerca e la riscoperta delle proprie radici, simbolizzata anche dalla copertina del disco dove, sullo sfondo del cortile della vecchia casa di famiglia di via Paolo Fabbri 43 a Bologna, sono raffigurati nel davanti i nonni e i prozii di Guccini (tra cui anche Enrico, la cui vicenda verrà raccontata anni dopo in "Amerigo")[citazione necessaria]; sul retro, con lo stesso sfondo, vi è invece una foto di Guccini con la prima moglie Roberta, quasi a simboleggiare la continuità familiare.

    E appunto la casa di famiglia è il tema della prima canzone del disco, "Radici".

    Accanto a ballate magiche ed accattivanti nella loro semplicità musicale (Canzone dei 12 mesi, Piccola città, Il vecchio e il bambino, ma soprattutto La locomotiva) ci sono due composizioni musicalmente più articolate, quasi delle piccole suite, come Radici e Canzone della bambina portoghese, che verrà ulteriormente valorizzata nella splendida versione dei Nomadi di 2 anni successiva, per poi rimanere un fondamentale cavallo di battaglia in concerto del gruppo reggiano fino a tutt'oggi, e dulcis in fundo il tenero bozzetto di Incontro, musicalmente pressoché magistrale.

    Sul piano strettamente poetico, i testi continuano la riflessione sul tempo iniziata nei due dischi precedenti: il tempo trascorso ("Piccola città", "Incontro"), il tempo presente, che comunque passa ("Canzone dei dodici mesi") e il tempo futuro, in quella che Guccini stesso definisce nelle note di presentazione del disco una "favola", "Il vecchio e il bambino", una passeggiata di un vecchio e un bambino attraverso una pianura desolata, ambientata in un ipotetico futuro, dopo un disastro nucleare.

    Incontro fu scritta da Guccini in treno, ripensando all'incontro appena avvenuto con una amica smarrita che aveva voluto rivederlo per raccontargli la tragica storia del suo amante, suicidatosi il giorno di Natale mentre lei festeggiava a casa con la famiglia.

    Vi è poi "La locomotiva", un racconto di una vicenda storica che Guccini aveva ascoltato dal suo vicino di casa: il 20 luglio 1893 alla stazione di Poggio Renatico il ventottenne fuochista bolognese Pietro Rigosi, approfittando del fatto che il macchinista era sceso un momento, aveva staccato la locomotiva del treno diretto a Bologna dal resto del convoglio, per poi andare a sbattere contro una vettura in sosta; il Rigosi però riuscì a salvarsi (gli fu però amputata la gamba), ed il fatto ebbe una grande risonanza sulla stampa nazionale. A quello che fu, a tutti gli effetti, un tentativo di suicidio, Guccini aggiunse delle motivazioni politiche, perfettamente plausibili visto quello che era il clima sociale dell'Italia di fine '800.

    Il vecchio e il bambino può sembrare una canzone critica verso l'industrializzazione accusata di distruggere a poco a poco la natura e tutto ciò che un tempo era considerato "puro". Guccini, nel libro-intervista Un altro giorno è andato, ha detto che questa può essere una possibile interpretazione ma che non è quella con cui la canzone è stata pensata: l'autore ha scritto il testo immaginandosi l'olocausto di una possibile guerra nucleare, il vecchio (della generazione sopravvisuta alla guerra) racconta al bambino di come la Terra fosse bella prima che tutto venisse distrutto.

    Ritornando al disco, in modo inusuale per il "professore", il linguaggio non è quasi mai forbito (fa eccezione Canzone dei dodici mesi e qualche parte de La locomotiva, che oscilla tra riecheggiamenti chiaramente carducciani e stralci asciuttamente cronachistici) e manca l'amara autoironia con la quale Guccini metterà, in buona parte della produzione futura, un'intercapedine tra il sentimento e l'espressione poetica (La canzone delle osterie di fuori porta, Bologna, Via Paolo Fabbri 43 saranno le canzoni più caratteristiche di questo trend).

    La Locomotiva



    Piccola Città



    Opera buffa (1973) è il quinto album di Francesco Guccini e, per molti versi, è un album anomalo.

    L'album riprende il lato ironico e umoristico di Guccini, quello rappresentato nei primi dischi da brani come Il 3 dicembre del '39 o Il sociale e l'antisociale, o ancora Al trist.

    4 sono le canzoni inedite scritte da Guccini per il disco; vi è poi una ripresa de Il bello, uscita su 45 giri nel 1968 ed incisa nel 1970 da Lando Buzzanca, e una canzone popolare bolognese, La fiera di san Lazzaro.

    Come scrive Guccini stesso questo «è un disco nato per caso, ma non a caso. L'idea c'era da tempo, una specie di "altra faccia di...", o fermare in un certo modo qualcuna di quelle serate "dal vivo", col pubblico attore che parla e ride e io che gigioneggio, recito, mi diverto». Perché in fondo di questo si tratta: non solo di un album dal vivo, ma di un album gigionesco, cabarettistico, di un divertissement.

    A dire il vero non è neppure un album completamente dal vivo perché, se è vero che è stato registrato in parte al Folkstudio di Roma e in parte all'Osteria della Dame di Bologna, lo stesso Guccini spiega che in principio era contrario ad inserire successivamente «un po' di musica qui, un po' là», ma alla fine si è fatto convincere da Pier Farri.

    L'album è quindi rilevante proprio perché ci mostra un altro Guccini, fino ad allora inedito su vinile, che solo molti anni dopo, nel 1996, inserirà in un suo disco una canzone - I fichi - che ricorda quelle contenute in Opera buffa, anche perché scritta pochi mesi dopo (e presentata spesso da Guccini sia nei concerti di quegli anni sia in televisione, a "Televacca" condotto da Roberto Benigni sulla Rai nel 1976).

    Tra i musicisti che suonano nel disco sono da ricordare Ettore De Carolis (ex componente dei Chetro & Co che firma gli arrangiamenti con il produttore Pier Farri, la violinista americana Talia Toni Marcus (che, anni dopo, aggiungendo anche il nome originale (Talia) e ritornata a vivere negli Stati Uniti, diventerà la violinista di Van Morrison) al violino e alla viola e Tony Esposito alle percussioni.

    Talkin' Sul Sesso


     
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    Il bello
    Di mamme ce n'è una sola
    La Genesi
    Fantoni Cesira
    Talkin' sul sesso
    La fiera di San Lazzaro


    Stanze di vita quotidiana (1974) è il sesto album di Francesco Guccini.

    Riccardo Bertoncelli scrisse all'epoca, commentando questo sfortunato album: "Guccini se ne esce fuori con un disco all'anno, ma si vede che ormai non ha più niente da dire"; a questa recensione Guccini rispose scrivendo la canzone L'avvelenata.

    Le canzoni sono tutte di Francesco Guccini e sono state scritte tra il settembre 1972 (Canzone delle osterie di fuori porta) e l'agosto 1973 (Canzone delle situazioni differenti)

    Canzone delle osterie di fuori porta
    Canzone della triste rinuncia
    Canzone della vita quotidiana
    Canzone per Piero
    Canzone delle ragazze che se ne vanno
    Canzone delle situazioni differenti


    Canzone Della Vita Quotidiana



    Via Paolo Fabbri 43 (1976) è il settimo album di Francesco Guccini.

    "Via Paolo Fabbri 43", oltre ad essere il titolo di una canzone e dell'album, è l'indirizzo di quella che all'epoca in cui il disco fu pubblicato era l'abitazione di Guccini. La via è intitolata all'antifascista e partigiano Paolo Fabbri. Il cantautore trascorre ancora parte del suo tempo nella casa bolognese, sebbene usi ritirarsi sempre più frequentemente nell'altra abitazione che ha a Pàvana, presso Sambuca Pistoiese.

    image

    Piccola storia ignobile «Piccola storia ignobile è una canzone sull'aborto. Era tanto che ci pensavo, avevo timore di dire cose non giuste, e non ho inventato allora un tema ed una storia, ma ho messo assieme tante storie che mi hanno raccontato cercando di ricavarne una storia tipica, esemplare.»


    Canzone di notte n.2
    In questa canzone Guccini, nel "vestire una risata" si oppone ad ogni forma di potere che scelga di imporsi con la violenza e il ricatto morale. Dalle parole dell'autore: «Una canzone notturna, cioè pensata di notte e che contiene, mi accorgo, molti miei tic notturni, come il vino e gli amici. Questo non è un luogo comune, ma un tipo di ambiente e di vita, e soprattutto una certa Bologna.»


    L' avvelenata

    Via Paolo Fabbri 43
    È una canzone che ci mostra un Guccini in presa diretta, senza il filtro della memoria, o del racconto di storie altrui, con un tono fortemente caustico e divertito. Sulla canzone dice «un gioco, una risata, una presa in giro, una canzone piena di cose e di scherzi, e l'ironia è soprattutto su di me, sui miei "se fossi, se facessi" che a volte forse sono solo scuse per non essere e non fare. La canzone vuole essere un invito a essere di più e a fare di più.»


    Canzone quasi d'amore
    Anche questa è per così dire un invettiva: Guccini rivendica infatti nella canzone il diritto di non dover "cercare parole che non trovo", rivendica la scelta di non dover dire "cose vecchie con il vestito nuovo", non nasconde di saper raccontare solo "il vuoto che al solito ho di dentro". Nelle note di introduzione al disco dice: «non è una canzone d'amore, è un cercare di prendere coscienza del fare una canzone, del come e perché si usano certi temi ricorrenti piuttosto che altri, del come e perché si usano certe parole invece che altre».


    Il pensionato
    «Il pensionato è uno dei miei soliti ritratti di diversi, di emarginati perché ultimi residui di una cultura che sta scomparendo.»


    Odeon Raro - Rai uno con L'avvelenata



    Amerigo è l'ottavo album di Francesco Guccini, pubblicato nel 1978.

    Amerigo
    Libera nos Domine
    100, Pennsylvania Ave.
    Eskimo
    Le cinque anatre
    Mondo nuovo


    Tutte le canzoni sono di Francesco Guccini, ad eccezione di Mondo nuovo (musica di Pietro Guccini).


    Eskimo



    Metropolis (1981) è il decimo album di Francesco Guccini.

    Tutte le canzoni sono di Francesco Guccini ad eccezione di Venezia (Biggi - Guccini - Alloisio) e Milano (Poveri bimbi di) (Guccini - Alloisio - Guccini).

    Bisanzio
    Venezia
    Antenòr
    Bologna
    Lager
    Black-out
    Milano
    (Poveri bimbi di)



    Bologna



    Black-Out





    Guccini (1983) è l'undicesimo album di Francesco Guccini.

    Il tema principale del album è l'inutilità del viaggio come mezzo di conoscenza.
    Superlativo, come al solito nelle composizioni gucciniane, è l'uso della metrica, magistralmente combaciante con le esigenze ritmiche della struttura musicale (le eleganti rime e strofe che rimandano le apocopi, anche infra verso, le frequenti inversioni sintattiche, le raffinate rime al mezzo, gli endecasillabi perfetti di tipo novecentesco...).


    Tra le canzoni di questo disco spicca Autogrill (dove è evidente l'influenza di Borges), che narra di un amore solo sfiorato. La narrazione è quasi irreale, tutto pare sospeso in un non precisato contesto cronotopico lontano dallo scorrere naturale e oggettivo degli eventi. I registri temporali sono due, il presente e una dimensione, parallela ma "aliena", che non viene precisamente definita. I due topos temporali si mescolano confondendo così la percezione dell'ascoltatore sovrastato dal frenetico susseguirsi degli eventi.

    La canzone, come la definisce Paolo Jachia, "splende di luce vivissima ed è in tutto e per tutto una epifania, una breve apparizione del magico nell'altrove". In essa il dettato del pensiero pare sovrapporsi all'analisi analitica e funzionale della realtà risultando così estremamente "surreale".

    Autogrill
    Argentina
    Gulliver
    Shomèr ma mi-llailah?
    Inutile
    Gli amici




    Autogrill



    Signora Bovary (1987) è il tredicesimo album di Francesco Guccini.

    Nel disco hanno suonato Juan Carlos "Flaco" Biondini (chitarre), Ares Tavolazzi (basso e contrabbasso), Ellade Bandini (batteria), Vince Tempera (pianoforte e tastiere), Antonio Marangolo (sax), Juan José Mosalini (bandoneon in "Scirocco").

    Tutte le canzoni sono di Guccini, ad eccezione di "Scirocco" (Guccini - Biondini - Guccini) e "Keaton" (Lolli - Guccini - Lolli).

    Il titolo riprende quello del celebre romanzo Madame Bovary di Gustave Flaubert.

    Scirocco
    Signora Bovary
    Van Loon
    Culodritto
    Keaton
    Le piogge d'aprile
    Canzone di notte
    N°3

    "Culodritto" è una canzone dedicata a sua figlia Teresa allora bambina.
    «"Van Loon" è dedicata a mio padre, che leggeva le opere di questo Piero Angela dei suoi tempi, cioè gli anni '30. Van Loon era un olandese (o un fiammingo, non ricordo bene) divulgatore di storia, geografia e umanità varia, i cui scritti si trovavano di frequente nelle case di chi, come mio padre, aveva molti interessi ma non aveva avuto l'occasione e i soldi per studiare. Una canzone molto intensa che ho provato più volte a inserire nella scaletta dei miei concerti. La provo e poi sono costretto a rimetterla via. Non riesco a farla senza star male e piangere, perché, nel frattempo, mio padre è morto» (Un altro giorno è andato, Giunti, Firenze 1999). «Un autore dunque degli anni Trenta, Quaranta, uno scrittore della generazione dei nostri padri: io l'ho identificato con quella generazione che da giovane pensi fatta di perdenti. Ma crescendo ti accorgi che tuo padre non era un perdente, era semplicemente uno costretto a vivere così. Da giovani si pensa che mai si scenderà a compromessi, che nessuno potrà costringerci. Col tempo si cambia idea. (...) Più l'età si allunga e più capisci quei padri che anni prima avevi rifiutato o combattuto, soprattutto perché le loro sconfitte sono diventate poi anche le tue e così le piccole, tempo prima non riconoscibili, vittorie» (da un'intervista)
    La canzone "Keaton" è scritta da Claudio Lolli, Guccini apportò alcune modifiche testuali così da cofirmarla. Lolli cantautore politicizzato del panorama bolognese aveva trovato difficoltà nel pubblicare una traccia così lunga, l'amico Guccini che si innamorò immediatamente del testo decise di inserirla nel proprio album che di li a poco sarebbe stato pubblicato.

    Scirocco





    Signora Bovary e Culodritto





    Quello che non... (1990) è il quindicesimo album di Francesco Guccini.

    Nel disco hanno suonato Ares Tavolazzi (basso e contrabbasso), Vince Tempera (piano e tastiere), Juan Carlos Biondini (chitarre), Ellade Bandini (percussioni), Roberto Manuzzi (armonica e sassofoni) e Roberto Marchiò (violino).

    Le canzoni sono di Guccini ad eccezione di "Ballando con una sconosciuta" (Guccini - Lolli - Biondini - Lolli), "Le ragazze della notte" (Guccini - Biondini - Guccini), "Cencio" (Guccini - Biondini - Guccini) e "Æmilia" (Guccini - Dalla).

    Quello che non...
    Canzone delle domande consuete
    Canzone per Anna una canzone che parla dei rimorsi di una donna, che in un blues malinconico viene evocata desolatamente sola ('pensi ad un figlio temuto, che ora non hai'). L'unica consolazione per lei, il sonno che giunge a poco a poco, dopo un programma divertente e una tisana aromatica e bollente
    Ballando con una sconosciuta
    Le ragazze della notte Forse le Anna di domani, giovani che si arrangiano la vita ad tenere compagnia a personaggi loschi con 'pacchi di soldi mal guadagnati'.Non si tratta neessariamente di prostitute, quanto piuttosto di 'entreneuses' di night-club
    Tango per due lui biella-stantuffo-leva-muscoli-grinta-officina-sole, lei quiete-chitatta-vela-segreti-donna-calore-viole, la descrizione in breve di una coppia che tanti anni dopo, stando una sera a cena, rappresenta ancora una vita vissuta accanto, 'partenze e ritorni, fortezza e catena
    Cencio :in una lunga narrazione Guccini ricorda l'amico Cencio ('il nano'), compagno di adolescenza e disperatamente alla ricerca di un'identità che lo facesse sentire accettato dagli altri. L'avrà alfine trovata, si chiede Guccini? La sconsolante e languida frase finale (s'ciao giovinezza) chiude una delle più belle canzoni del suo repertorio Æmilia

    Emilia




    La canzone "Æmilia" era già stata incisa nel 1988 da Guccini insieme a Lucio Dalla e Gianni Morandi nell'album dei due intitolato "Dalla Morandi".

    Parnassius Guccinii (1993) è il sedicesimo album di Francesco Guccini.

    Il nome, così come l'immagine di copertina, è quello della omonima farfalla presente nell'Appennino tosco-emiliano e descritta per la prima volta nel 1992 da Giovanni Sala che ha voluto dedicarla "per gratitudine" al cantautore modenese.

    Una canzone dell'album Farewell, è dedicata alla compagna Angela, la madre di sua figlia Teresa, con cui si era appena lasciato; viene citata, alla fine della terza strofa, un brano di Farewell Angelina di Bob Dylan, per la precisione i versi "The triangle tingles And the trumpet play slow", appunto per richiamare, ma in maniera non palese, il nome di Angela.

    Dovevo fare del cinema e Parole erano già state incise nel 1981 da Gian Piero Alloisio nel suo unico disco solista, Dovevo fare del cinema.

    Questo album è stato premiato con il prestigioso premio Tenco.

    Canzone per Silvia
    Acque
    Samantha
    Farewell
    Nostra signora dell'ipocrisia
    Dovevo fare del cinema
    Non bisognerebbe
    Luna fortuna
    Parole


    Canzone per Silvia




    Samantha





    D'amore di morte e di altre sciocchezze è il diciassettesimo album di Francesco Guccini.

    Tutti i testi sono del cantautore, tranne "Cirano" (scritta da Beppe Dati ma cofirmata da Guccini che ha eseguito alcune modifiche al testo), mentre le musiche sono state realizzate da Guccini tranne "Il caduto", scritta da Juan Carlos Biondini, "Cirano", di Giancarlo Bigazzi e "Il matto", opera di Ares Tavolazzi.

    L'album è stato dedicato a "Victor" (bassista del gruppo Equipe 84 con cui Guccini aveva suonato nel gruppo I Gatti) e a Bonvi (il noto fumettista, creatore di Sturmtruppen). Entrambi erano amici d'infanzia di Guccini ed entrambi sono prematuramente scomparsi poco prima dell'uscita del disco.

    Hanno suonato e partecipato all'album: Ellade Bandini (batteria e percussioni), Juan Carlos «Flaco» Biondini (chitarre), Lele Chiodi (seconda voce in Canzone delle colombe e del fiore), Roberto Manuzzi (sax baritono, armonica e tastiere), Antonio Marangolo (sax tenore e sax soprano), Ares Tavolazzi (contrabbasso e basso), Vince Tempera (pianoforte e tastiere) e il Coro Stelutis di Bologna diretto da Giorgio Vacchi ne "Il caduto".

    Nella copertina c'è una foto di Guccini serio e imbronciato che si confronta con i manifesti del Guccini di venti anni prima che stanno sullo sfondo.

    Lettera
    Vorrei
    Quattro stracci
    Stelle
    Canzone delle colombe e del fiore
    Il caduto
    Cirano
    (testo: Beppe Dati, Francesco Guccini; musica: Giancarlo Bigazzi)
    Il matto
    I fichi

    È stato inciso anche su vinile, in 4000 copie.

    "Lettera" è una ballata un po' rock che anticipa i temi trattati nel'album, l'amore, la morte e le schiocchezze della vita (come dice il titolo dell'album). Il testo della canzone riporta immagini e impressioni della vita e alla fine diventa più angoscioso e triste, ma ciò è dovuto al fatto che l'autore aveva appena perso due amici importanti.

    L'album non è, però, intriso di rassegnazione e tristezza, anzi, scorre tranquillo e gioioso fino all'ultima traccia che ricorda un po' la frivolezza de "L'opera buffa". La gioia e l'entusiasmo dell'innamoramento è, infatti, il tema di '"Vorrei", dedicata alla nuova compagna, Raffaella.

    "Quattro stracci" è una ballata folk-rock autobiografica che parla dell'amore per Angela (la madre dell'unica figlia di Guccini, Teresa, a cui il cantautore aveva già dedicato nel disco precedente "Farewell"), un amore ormai finito a causa della troppa distanza tra la schiettezza dell'autore e certe superficialità fintamente intellettuali della donna un tempo amata.

    Un tema tipicamente gucciniano è quello di "Stelle", in cui l'incanto davanti al cielo stellato è turbato dal senso della piccolezza dell'uomo che ci si perde dentro l'infinità del cielo.

    Altra canzone d'amore nell'album è la "Canzone delle colombe e del fiore", traccia che precede "Il caduto" dove ritorna il tema della morte, infatti, il brano è il lamento postumo di un montanaro che si duole di essere sepolto in un'anonima pianura da dove non si vede il profilo di un monte e dove perfino la neve è diversa da quella che lui ha conosciuto.

    Il brano più osannato del disco è "Cirano" che oltre ad essere un pezzo d'amore, rappresenta anche una cruda e impietosa invettiva contro il mondo di quelli "con il naso corto", il solito gregge amorfo e conformista. Chiaramente ispirato all'opera teatrale "Cyrano de Bergerac" di Rostand, Guccini come spesso fa, parte da un ispirazione letteraria del passato per parlare della modernità. Cirano rimane da solo, ma l'amore per Rossana saprà vincere anche la sua apparente durezza e cattiveria.

    Con "Il matto" l'atmosfera si fa più scanzonata e si arriva a "I fichi" registrata live, al contrario di tutto il disco. Questa canzone è un autentico pezzo da cabaret spassoso e scanzonato. Ecco che le sciocchezze anticipate nel titolo esplodono con forza e prendono il sopravvento facendo da contrappeso alla serietà dei testi precedenti, carichi di significati e straripanti di idee.

    "I fichi", infine, è una canzone che risale al 1976 (fu eseguita in quell'anno da Guccini in televisione a "Televacca", lo storico programma di Roberto Benigni), è stata registrato dal vivo, e il suo testo non è riportato nel libretto dell'album.


    Cirano



    Stagioni (2000) è il diciannovesimo album di Francesco Guccini.

    Questo è un disco sul passato o, se si vuole, sul tempo che passa, sul susseguirsi delle stagioni. Tra le quattro stagioni manca però l'estate. Guccini in un'intervista dice di aver tentato di scriverne una, ma non ne veniva fuori niente e allora ha lasciato perdere. Come ha detto nella stessa intervista: «l'estate è il tempo della spensieratezza, della dimenticanza. (...) Stagioni è un disco poco spensierato. Tristezza? C'è sempre stata, in ogni mio disco. Però, (...) non è mai resa. Può essere amarezza, delusione, sdegno ma non rinuncia. Il crepuscolarismo c'è in Autunno, ma non c'è assolutamente in Addio, che è una risposta a secco, decisa, chiara anche violenta». Non è quindi un caso che Addio sembri quasi una prosecuzione ideale de L'Avvelenata. Cambia il tono, meno personale (anche se è sempre il cantante a parlare in prima persona), cambia il testo, decisamente più fluido e maturo, ma resta una coerenza di fondo tra questi due momenti così distanti.

    Addio (Intro)
    Stagioni
    Autunno
    E un giorno...
    Ho ancora la forza
    Inverno '60
    Don Chisciotte
    Primavera '59
    Addio


    È stato inciso anche su vinile, a tiratura limitata.

    La canzone Stagioni parla di Ernesto "Che" Guevara ed ha avuto una genesi abbastanza singolare. Guccini dice di aver scritto una strofa nel 1967 dopo aver saputo della morte del rivoluzionario argentino. Una sera, sul finire degli anni '90, la canta - assieme ad altre canzoni mai incise - a casa di amici. E piace, molto. Poi, ad un suo concerto, vedendo dei ragazzi con la maglietta del Che decide di dedicare loro quella strofa: «è 'venuto giù' il Palasport. Tutti mi hanno detto che non sarebbe stato male finire la canzone. È stata dura: sono dovuto tornare indietro con un lungo flash-back, creando un parallelo tra quella generazione e questa (..) ho scritto questa canzone Perché sentivo il forte bisogno, in un momento in cui la sinistra è contestata e - soprattutto - contrastata, di riaffermare il mio credo (...) io sono di sinistra, non sono un reazionario, non mi sono arreso. Devo però ammettere che, se non fossi stato spinto, non avrei mai concluso Stagioni».
    La canzone E un giorno... è una sorta di lettera per sua figlia Teresa a cui, bambina, aveva dedicato la canzone Culodritto pubblicata in Signora Bovary.


    E un giorno...



    Ritratti (2004) è il ventesimo album di Francesco Guccini.

    Nel disco hanno suonato: Vince Tempera (pianoforte e tastiere), Antonio Marangolo (sax e percussioni), Roberto Manuzzi (sax, tastiere e armonica a bocca), Ares Tavolazzi (basso e contrabbasso), Juan Carlos "Flaco" Biondini (chitarre, cori e bouzouki), Ellade Bandini (batteria), Daniele Di Bonaventura (bandoneon) e Giancarlo Bianchetti (chitarra ritmica in "Odysseus").

    Tutte le canzoni sono di Guccini ad eccezione di: "Canzone per il Che" (testo di Manuel Vázquez Montalbán e Francesco Guccini - musica di Juan Carlos Biondini), "Cristoforo Colombo" (testo di Francesco Guccini e Giuseppe Dati - musica di Giuseppe Dati e Marco Fontana), "Certo non sai" (testo di Francesco Guccini - musica di Antonio Marangolo), "La żiatta" (musica e testo originali di Joan Manuel Serrat - testo modenese di Francesco Guccini).

    Odysseus
    Una canzone
    Canzone per il Che
    Piazza Alimonda
    Vite
    Cristoforo Colombo
    Certo non sai
    La żiatta
    (La tieta)
    La tua libertà



    La żiatta



    Canzone per il Che





    The Platinum Collection è un album di Francesco Guccini pubblicato nel 2006. La raccolta è formata da tre CD contenenti una selezione di 47 canzoni inserite in ordine cronologico. Il triplo contiene anche un libretto la cui presentazione è firmata da Massimo Cotto. Alla conclusione del terzo CD è presente un brano, Le belle domeniche pubblicato nel 1975 nell'antologia collettiva Grand'Italia.

    CD 1
    Noi non ci saremo - 5:13
    In morte di S.F. (Canzone per un'amica) - 3:37
    Auschwitz - 4:37
    Statale 17 - 3:08
    Due anni dopo - 3:40
    Vedi cara - 4:51
    L'isola non trovata - 2:45
    Un altro giorno è andato - 4:13
    Asia - 5:10
    La locomotiva - 8:16
    Canzone dei dodici mesi - 7:01
    Piccola città - 4:33
    Incontro - 3:37
    Il vecchio e il bambino - 4:19
    Canzone della bambina portoghese - 5:30
    Canzone delle osterie di fuori porta - 6:03

    CD 2
    L'avvelenata - 4:39
    Canzone di notte n. 2 - 4:56
    Via Paolo Fabbri 43 - 8:13
    Amerigo - 6:57
    Libera nos domine - 4:31
    Le cinque anatre - 3:43
    Eskimo - 8:15
    Bisanzio - 5:10
    Venezia - 4:02
    Bologna - 4:40
    Autogrill - 4:26
    Gli amici - 4:42
    Scirocco - 5:17
    Signora Bovary - 4:06
    Van Loon - 5:43

    CD 3
    Quello che non... - 4:25
    Canzone delle domande consuete - 3:29
    Farewell - 5:13
    Samantha - 5:18
    Lettera - 4:19
    Vorrei - 5:18
    Quattro stracci - 4:09
    Cirano - 6:38
    Addio - 4:07
    Stagioni - 6:09
    E un giorno... - 5:24
    Don Chisciotte - 5:59
    Una canzone - 4:35
    Odysseus - 4:26
    Piazza Alimonda - 5:51
    Le belle domeniche - 3:08

    Don Chisciotte




    Elena



    Tratto da: http://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Guccini

    e http://www.francescoguccini.it/francesco_guccini.htm
     
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  3. selvaggia59
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    Bellissimo........grazie
     
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  4. ollaig
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    Sono contenta che ti piace, Guccini è un poeta ed è uno dei miei preferiti :wub:

    Elena
     
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  5. selvaggia59
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    CITAZIONE (ollaig @ 20/9/2007, 14:28)
    Sono contenta che ti piace, Guccini è un poeta ed è uno dei miei preferiti :wub:

    Elena

    Sono daccordo
    :wub:
     
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  6. MarioMossa16
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    Salve! Sto curando un saggio su Guccini e mi servirebbe il vostro aiuto: come si dice in un intervento qui sopra, Guccini scrisse Incontro sul treno di ritorno per Bologna. Ricordo di aver letto questa dichiarazione in un intervista, solo che non ricordo quale! Visto che su questo forum il mio ricordo ha trovato conferma (a quanto pare, l'unica sul web), mi chiedevo se potevate indicarmi la vostra fonte. E' molto importante, altrimenti non posso inserire questo aneddoto fondamentale per l'analisi che sto facendo del brano. Basterebbe anche solo il link di provenienza! Grazie in anticipo buona giornata
     
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5 replies since 18/9/2007, 15:26   4990 views
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