SINDROME DI HUGHES

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  1. alfonso1953
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    SINDROME ANTICORPI ANTIFOFOSFOLIPIDI (DETTA ANCHE SINDROME DI HUGHES) CENNI DI CARATTERIZZAZIONE DEI MARKER - SEROLOGICI E SUGGERIMENTI PER LA CONDOTTA - DIAGNOSTICA E TEPAPEUTICA DELLA SINDROME. la malattia. La Sindrome da Anticorpi anti-Fosfolipidi (APS) La Sindrome da Anticorpi anti-Fosfolipidi (la cui abbreviazione è APS - AntiPhospholipid Syndrome) è una patologia riportata sin dall’inizio degli anni ’80 e caratterizzata dalla comparsa di trombosi arteriose e/o venose ed abortività in soggetti con una positività per anticorpi anti-fosfolipidi (aPL) in assenza di cause note per queste manifestazioni. La APS è una malattia autoimmune, in altre parole una forma in cui compare un errore del sistema immune che aggredisce il proprio organismo anziché difenderlo soltanto dagli agenti infettivi. Il sistema immune sbaglia e produce gli aPL responsabili delle manifestazioni cliniche.
    In poco più della metà dei casi la Sindrome si presenta come entità a sé stante (forma Primitiva) mentre nei restanti casi si associa (forma Secondaria) ad altre malattie autoimmuni (più frequentemente il Lupus Eritematoso Sistemico).

    la malattia
    Da che cosa deriva il suo nome?
    Il nome della Sindrome deriva dall’osservazione che gli anticorpi caratteristici sono diretti verso un bersaglio che comprende i “fosfolipidi”. Questi ultimi sono molecole presenti ovunque nell’organismo, ma che rivestono un ruolo importante particolarmente nella coagulazione del sangue. Proprio per questo, gli aPL sono stati indagati nel tentativo di spiegare e curare la tendenza dei pazienti a presentare fenomeni trombotici ripetuti in assenza di cause note.
    Negli ultimi 10 anni è stato compiuto un progresso enorme in questo settore. Si sono così potuti mettere a punto esami di laboratorio in grado di identificare la presenza di questi anticorpi. Due sono i test di laboratorio attualmente standardizzati: a) il Lupus Anticoagulant (LA) e b) il test per anti-cardiolipina (aCL). Il LA deriva il suo nome dal fatto che il sangue dei pazienti tende a non coagulare (“anticoagulant”) nelle provette ed il termine “Lupus” è stato usato in quanto il primo paziente in cui furono scoperti questi anticorpi aveva un Lupus Eritematoso Sistemico. Il secondo test, più recente, è il risultato delle ricerche che hanno dimostrato come i fosfolipidi fossero il bersaglio di questi anticorpi; infatti, per identificare la presenza degli aPL viene utilizzato come bersaglio un fosfolipide di facile reperimento: la cardiolipina estratta dai tessuti bovini ed in particolare modo dal cuore.



    sintomi



    Quali sono le manifestazioni cliniche della APS?
    Nella tabella sono riportate le principali manifestazioni e la loro frequenza in 1000 pazienti valutati in uno studio collaborativo internazionale Europeo.

    Manifestazione Frequenza

    Trombosi venose profonde.. 31.7%

    Riduzione del n. delle piastrine ..21.9

    Livedo reticularis ..20.4

    Ictus (stroke) ..13.1

    Tromboflebiti superficiali ..9.1

    Embolia polmonare ..9

    Aborti.. 8.3

    Attacchi ischemici cerebrali.. 7

    Anemia emolitica ..6.6



    Le manifestazioni cliniche della APS sono complesse ed in realtà i pazienti possono essere seguiti da Specialisti diversi a seconda del prevalere dei sintomi: Internisti, Immunologi Clinici, Reumatologi, Ginecologi, Neurologi, Coagulologi etc..
    Importanti sono le complicanze durante la gravidanza. Circa il 70% delle donne positive per aPL presentano complicazioni (aborti ripetuti, ritardo di crescita del feto, morti endouterine, gestosi). Dato che la malattia è più frequente nelle donne (in media più di tre volte) e compare prevalentemente nei soggetti giovani in età fertile, si comprende l’importanza della malattia in campo ginecologico.



    diagnosi
    Come viene fatta la diagnosi di APS?
    I Medici hanno ora a disposizione linee guida per formulare la diagnosi nella maniera più corretta possibile: devono essere contemporaneamente presenti almeno una manifestazione clinica (trombosi o aborti) ed un test di laboratorio (LA o aCL) riconfermato ad almeno 6 settimane di intervallo.
    Attualmente si distinguono forme di APS secondarie a malattie autoimmuni sistemiche (prevalentemente Lupus Eritematoso Sistemco, ma no anche secondarie ad Artrite Reumatoide, Sindrome di Sjogren, Sclerodermia, Malattia Mista del Connettivo, Vasculiti etc) e forme in cui non è possibile diagnosticare alcuna malattia sistemica (forme primitive).


    gli esami
    Gli esami per la diagnosi di APS

    Quali sono gli esami di laboratorio specifici per la diagnosi di APS?
    Per diagnosticare una sindrome da anti-fosfolipidi è necessario che alle manifestazioni cliniche si associ la positività per :

    la ricerca del Lupus Anticoagulant (LA) e/o per

    la ricerca di anticorpi anti-fosfolipidi (aPL).


    Il test per LA
    Il test per il LA identifica anticorpi che interferiscono con i meccanismi della coagulazione; questi anticorpi determinano un prolungamento abnorme del tempo di coagulazione.
    Il LA è un test “funzionale” che richiede di essere eseguito su campioni di plasma subito dopo il prelievo (anche se è possibile eseguire il test su campioni congelati con particolari accorgimenti, quali la conservazione a bassissime temperature).

    Perché si chiama Lupus Anticoagulant?
    Il plasma dei pazienti con APS tende a “non coagulare” nelle provette (in vitro); il suo nome (“anticoagulant”) deriva appunto da questo effetto e dal fatto di essere stato identificato per la prima volta in un paziente affetto da lupus eritematoso sistemico.
    L’effetto anticoagulante è dovuto alla presenza degli anticorpi anti-fosfolipidi che impediscono la normale funzione dei fattori della coagulazione che contengono fosfolipidi. Questo rappresenta un apparente paradosso dal momento che la malattia si presenta come una aumentata tendenza alle trombosi. In realtà, mentre nel nostro organismo gli anticorpi interferiscono con diversi fattori della coagulazione (componenti plasmatici, cellule endoteliali, monociti, piastrine) determinando una tendenza alle trombosi, in vitro gli anticorpi possono solo agire con i componenti plasmatici dal momento che mancano gli altri. Il risultato dell’ interferenza è appunto rappresentato da un ritardo nella formazione del coagulo.

    In che cosa consiste il LA?
    La tecnica per la ricerca del LA è complessa e comprende diverse tappe. Occorre infatti escludere tutte le cause – diverse dagli anti-fosfolipidi - che possono determinare un allungamento del tempo di coagulazione. Ad esempio, si deve escludere un deficit congenito o acquisto di fattori della coagulazione (un’emofilia per esempio). A questo scopo si mescola il campione del paziente con un plasma normale; se l’allungamento del tempo di coagulazione persiste questo non è verosimilmente dipendente dalla mancanza di qualche fattore della coagulazione. Infatti, il plasma normale aggiunge nella provetta tutti i fattori necessari. Quindi l’alterazione può essere dovuta agli anti-fosfolipidi. La controprova finale è ottenuta aggiungendo al plasma del paziente un eccesso di fosfolipidi, che saturando gli anticorpi, correggono il test normalizzando il tempo per la formazione del coagulo.

    Che cosa è il test per l’anti-cardiolipina (aCL)?
    Il test per aCL si basa su un principio diverso: è stato infatti messo a punto nel tentativo di individuare direttamente la presenza degli anticorpi anti-fosfolipidi sfruttando le loro caratteristiche di legame indipendentemente dagli effetti funzionali. A tale scopo è stato visto che, legando i fosfolipidi (in particolare la cardiolipina) alla plastica di speciali piastre, questi vengono riconosciuti dagli anticorpi. Si può quindi determinare la presenza degli anti-fosfolipidi nel siero del paziente svelandone il legame mediante una tecnica detta immuno-enzimatica (o ELISA).

    Perché si chiama test per anti-cardiolipina?
    Il nome deriva dal fatto che sono state utilizzate come “bersaglio” preparazioni di cardiolipina; un tipo di fosfolipidi a carica elettrica negativa.

    Quali sono le caratteristiche del test per aCL?
    Il test viene eseguito generalmente sul siero e questo consente la sua esecuzione anche in campioni conservati senza particolari accorgimenti, è più semplice del LA ed in una seduta si possono analizzare molti più campioni. Inoltre la metodica è semi-quantitativa, permettendo così di valutare la quantità di anticorpi presenti nel campione (titolo basso, medio o elevato) e l’identificazione di anticorpi appartenenti a tipi diversi di immunoglobuline (IgG, IgM, IgA).
    Attualmente la metodica è eseguita in maniera tale da evidenziare anticorpi che richiedono per la loro determinazione la presenza di un “cofattore”: la beta 2 glicoproteina I. Quest’ultima è una proteina normalmente presente nel siero e che legandosi ai fosfolipidi determina un complesso che viene a sua volta riconosciuto dagli anticorpi associati con le manifestazioni cliniche della sindrome.

    Devono essere eseguiti tutte e due i test?
    Secondo le linee guida internazionali varate al Congresso di Sapporo del 1998 è sufficiente la positività per uno dei due test sopraelencati per poter supportare la diagnosi di APS.

    Perché i test devono risultare positivi in più determinazioni?
    Vi possono essere positività transitorie per il LA o per il test per aCL in concomitanza con processi infettivi e che scompaiono dopo che cessa l’infezione. Per la stragrande maggioranza dei casi gli anti-fosfolipidi legati alle infezioni non determinano trombosi. Da quanto detto, si comprende come gli esperti abbiano richiesto che una positività per anti-fosfolipidi, per essere considerata diagnostica, debba essere confermata in almeno due prelievi successivi e a distanza di tempo, in modo da escludere positività transitorie e quindi di scarso valore diagnostico.

    Ci sono altri test di laboratorio che sono utili per la diagnosi di APS?
    Vi sono altri test di laboratorio che possono risultare positivi in corso di APS, tuttavia per nessuno vi è un accordo generale sul loro valore diagnostico.
    Spesso ad esempio vi una falsa positività per i test sierologici per la sifilide (positività per la VDRL senza una concomitante positività nei test specifici di conferma). Tuttavia solo una piccola parte dei pazienti con APS presenta una VDRL falsamente positiva = scarsa sensibilità.
    Sovente vi è il riscontro della presenza di autoanticorpi (anti-nucleo, anti-ENA, talvolta anche anti-DNA) pur in assenza di una vera malattia autoimmune sistemica associata. Questo è verosimilmente legato alla natura autoimmune della APS. La loro ricerca è utile per il Medico ai fini di un più completo inquadramento del paziente, ma non è specifico per la APS.

    Altri esami specifici per la APS
    Più recentemente altri test sono stati suggeriti in appoggio ai test classici per suffragare la diagnosi di APS:

    a) Ricerca di anticorpi anti-beta2 glicoproteina I (b 2GPI). Questo test identifica anticorpi in grado di reagire con la b 2GPI in assenza di un qualsivoglia fosfolipide. Gli anticorpi anti-b 2GPI si sono dimostrati in grado di innescare gran parte dei meccanismi responsabili della malattia e sono in parte responsabili del fenomeno del Lupus Anticoagulant. Questo tipo di anticorpo presenterebbe una maggiore specificità diagnostica pur essendo meno sensibile del test per anti-cardiolipina. In altre parole una sua positività sarebbe meno frequente del test per anti-cardiolipina ma avrebbe un maggior peso nel supportare la diagnosi. Non esistono tuttavia al momento ampi studi che ne suggeriscano l'uso al posto dell'anti-cardiolipina. Viene per ora usato come test di seconda battuta.

    b) Ricerca di anticorpi anti-protrombina. Il test identifica anticorpi in grado di riconoscere la molecola della protrombina e che si associarebbereo a fenomeni trombotici ed abortività. Gli anticorpi anti-protrombina sono responsabili in parte del fenomeno del Lupus Anticoagulant. Non esistono al momento delle metodiche standardizzate per la loro determinazione e questo giustifica le differenze riscontrate in studi condotti in differenti centri. Vi è ancora molta cautela nel loro utilizzo pratico.



    la terapia

    Come viene curato un paziente con APS?
    La terapia è lievemente diversa nei pazienti con trombosi rispetto a quelli con abortività.
    I pazienti con APS e con manifestazioni trombotiche sono posti in terapia anticoagulante o in terapia con farmaci che riducono l’aggregazione delle piastrine per prevenire nuovi fenomeni trombotici. In molti casi queste terapie devono essere protratte per molto tempo (anche per tutta la vita).
    Le pazienti con abortività non possono assumere certi anticoagulanti (a causa della tossicità sul feto) e sono trattate con eparina e piccole dosi di aspirina per prevenire la perdita del feto. La terapia viene condotta per il solo periodo della gravidanza a meno che non vi siano altre indicazioni. L’utilizzo di queste terapia ed il monitoraggio frequente durante la gravidanza hanno permesso di migliorare in maniera drammatica le complicanze della sindrome:più del 70% delle donne con APS riesce oggi ad avere una gravidanza a termine con figli sani.
    Vi sono altri tipi di terapie per quei pazienti (più rari) con manifestazioni più aggressive della sindrome o che non rispondono ai farmaci menzionati precedentemente.




    biblioteca
    "Sindrome da anticorpi antifosfolipidi"
    a cura di
    Pier Luigi Meroni ed Angela Tincani
    "Hughes Syndrome, antiphospholipid syndrome"
    M.A. Khamashta (editor)

    "Hughes Syndrome, a patient's guide"
    Graham Hughes


    "The antiphospholipid syndrome"
    Edited by R.A. Asherson
    R. Cervera
    J. Piette
    Y.Shoenfeld

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    Edited by patroclotest - 22/9/2010, 12:00
     
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  2. carmenfarma
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    SINDROME ANTIFOSFOLIPIDI, SAAF La coagulazione del sangue si svolge in tappe successive e, coinvolgendo numerose molecole e sostanze chimiche nonché differenti tipi di cellule, contribuisce ad impedire la perdita ematica eccessiva in seguito a tagli, traumi o durante il periodo mestruale.
    Alcune delle sostanze addette alla coagulazione agiscono fissandosi a molecole di grasso conosciute come fosfolipidi; essi sono presenti sulle membrane delle cellule del sangue, soprattutto le piastrine, e sulla superficie delle cellule endoteliali, che sono le cellule deputate al rivestimento della superficie interna dei vasi sanguigni. “ La sindrome da anticorpi antifosfolipidi è molto spesso asintomatica e non provoca alcun disturbo. Vanno comunque escluse numerose malattie alle quali può essere associata „ Alcune persone sviluppano anticorpi diretti contro questi fosfolipidi o le proteine circolanti nel sangue che si legano ai fosfolipidi stessi. Gli anticorpi sono sostanze che contribuiscono normalmente a proteggere il corpo dalle infezioni. Molti dei soggetti che hanno questi anticorpi non hanno sintomi. In altre persone, invece, si sviluppa una sindrome denominata "la sindrome degli anticorpi antifosfolipidi" (SAAF) provocando spesso rilevanti problemi di salute
    La SAAF è una sindrome trombofilica. acquisita

    Questa sindrome è più comune in donne ed in pazienti con malattie autoimmuni o reumatiche, specialmente in soggetti affetti dal lupus eritematoso sistemico (LES). Si distingue una sindrome primaria o idiopatica, quando la SAAF costituisce la sola manifestazione clinica ed una sindrome secondaria quando si presenta in associazione con un altro disordine o altra malattia.


    QUALI SONO I SINTOMI DELLA SAAF?
    I sintomi della SAAF sono collegati con la coagulazione anormale del sangue che può avvenire praticamente in ogni organo o tessuto.

    Trombosi arteriosa o venosa - Gli AAF aumentano il rischio di sviluppare una trombosi in una vena o in un'arteria. Senza terapia anticoagulante, questi pazienti sintomatici hanno spesso episodi trombotici ricorrenti e, dipendendo dal vaso sanguigno coinvolto, può derivarne una compromissione più o meno grave della funzione vitale dell'organo (o di più organi) o persino la morte.

    Numerosi organi sono passibili della formazione dei trombi. Nel caso sia interessata un'arteria cerebrale si assiste ad un'alterazione del flusso di sangue al cervello, causando una serie di disturbi che variano da sintomi neurologici di breve durata e reversibili (TIA, o attacchi ischemici transitori) ad ictus cerebrali veri e propri con danni neurologici permanenti. Un trombo che alteri il flusso di sangue nel tratto gastrointestinale può manifestarsi con dolore addominale acuto, ulcere gastriche o duodenali, emorragie gastro-intestinali, perforazione di un viscere addominale. L'ischemia renale può causare una modesta disfunzione renale o, al contrario, un'insufficienza renale cronica grave che rende necessaria la dialisi. Altri organi che possono essere coinvolti nella trombosi sistemica includono il cuore, le ghiandole surrenaliche, i polmoni, la cute. Durante la gravidanza gli AAF possono provocare aborti prematuri, morte intrauterina fetale e altri disturbi ostetrici.

    I trombi che si formano nelle grandi vene possono manifestarsi con edema ("rigonfiamento") dell'arto interessato. Le gambe sono più frequentemente interessate, ma anche le braccia possono occasionalmente essere sede di trombosi. Il dolore, il rigonfiamento, la riduzione della funzionalità dell'arto interessato,non sono purtroppo i soli problemi causati dai trombi venosi, essendo elevato il un rischio che un embolo si stacchi dal coagulo adeso alla parete venosa ed, immettendosi nei vasi sanguigni, raggiunga, dopo aver attraversato il cuore, i polmoni ostruendo colà il flusso di ematico. Poiché uesto coagulo mobile è denominato embolo, si parlerà in questi casi di embolia polmonare (EP). L'EP può essere acuta o cronica; quest'ultima può manifestarsi spesso con scarsi sintomi progressivamente sempre più gravi fino a condurre ad un'insufficienza respiratoria cronica con cuore polmonare cronico. L'ostruzione completa di un grande vaso sanguigno polmonare può causare dolore toracico, dispnea (difficoltà respiratoria), emoftoe, ipotensione, tachicardia. I trombi molto grandi possono causare svenimento o persino la morte improvvisa a causa dell'immediato arresto del flusso ematico nell'arteria polmonare o uno dei suoi rami principali.

    Piastrinopenia - In alcuni pazienti, la SAAF può condurre ad una diminuzione nel numero di piastrine circolanti nel sangue. Se grave, questa condizione, conosciuta come piastrinopenia, può provocare emorragie, specialmente dalle membrane mucose come quelle nel naso e delle gengive. Le emorragie nella pelle causano la comparsa di petecchie, che appaiono come piccoli punti rossi. Sono inoltre possibili sanguinamenti dal tratto gastrointestinale e dall'utero.

    Aborti ripetuti - In alcune donne la difficoltà di condurre a termine la gravidanza, a causa di aborti ricorrenti o della morte spontanea del feto nel primo trimestre, può essere la conseguenza della presenza degli AAF nel sangue.

    COME È DIAGNOSTICATA LA SAAF?
    Una diagnosi di SAAF si effettua in base ai risultati di specifici esami di laboratorio e della visita clinica. La SAAF è diagnosticata in presenza di uno o più episodi di trombosi o di perdita fetale e se gli AAF sono presenti nel sangue del paziente almeno in due esami differenti eseguiti a distanza di tempo.

    TERAPIA
    Il trattamento della SAAF verte innanzitutto sulla terapia e profilassi del disordine coagulativo. . Il trattamento durante la gravidanza è più complicato.

    Terapia della trombosi - I farmaci chiamati anticoagulanti orali sono usati per ostacolare ulteriore ingrandimento del trombo e per la profilassi, cioè per ridurre la probabilità che un altro trombo si sviluppi in seguito, dopo il primo episodio. Nella fase acuta della tromboembolia venosa (TEV), o anche nel solo sospetto di TEV ed in attesa di completare le indagini diagnostiche, si somministra inizialmente anche eparina non frazionata o a basso peso molecolare continuando fino a quando il sangue del paziente non sia sufficientemente "scoagulato" da poter continuare con il solo farmaco anticoagulante orale.

    Edited by patroclotest - 22/9/2010, 12:00
     
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